L’Italia è un Paese morfologicamente fragile perchè è geologicamente giovane

 

Farabollini: “L’Italia è un Paese antropicamente malato. La cura c’è: prevenzione. D’accordo i cambiamenti climatici, ma quello che ora occorre è un cambiamento di stile”.

Graziano: “Le piogge intense devono essere considerate inneschi e non certo l’origine dei fenomeni di dissesto idrogeologico”.

“L’Italia è un Paese MORFOLOGICAMENTE FRAGILE perché è GEOLOGICAMENTE GIOVANE. E la dimostrazione è sotto gli occhi di tutti attraverso l’intensa attività sismica e vulcanica ed i continui e ricorrenti fenomeni erosivi (frane, alluvioni, valanghe, ecc.) che si verificano con tempi di ritorno sempre più brevi e dopo poche gocce d’acqua.

Ma l’Italia è anche un Paese ANTROPICAMENTE malato. Anche in questo caso la dimostrazione è sotto gli occhi di tutti: urbanizzazione selvaggia; scellerato consumo del suolo; disboscamenti senza programmazione; quartieri costruiti negli alvei; disprezzo e violazione di ogni norma di pianificazione; rinvii di spese indispensabili; taglio progressivo dei fondi per il rischio idrogeologico”. Lo ha affermato Piero Farabollini, professore di Geomorfologia e Geologia ambientale dell’Università di Camerino nonché consigliere nazionale dei geologi intrattenendosi con i giornalisti a margine della Convention Nazionale sul Rischio sismico a San Benedetto del Tronto.

“Ma la cura esiste e non può essere più procrastinata: PREVENZIONE. Nel frattempo si può (e dove è urgente, si deve) operare attraverso la MITIGAZIONE  – ha continuato Farabollini – e MESSA IN SICUREZZA del territorio. Solo quando la cultura della emergenza sarà radicalmente sostituita da quella della prevenzione potremo ritenerci soddisfatti e considerare l’Italia “un Paese antropicamente adeguato”.

L’abusivismo e l’illegalità sono stati tra le cause principali dello scempio del nostro territorio, con i conseguenti conteggi di danni, distruzioni e lutti. L’emergenza permette di gestire una gran mole di fondi che vanno in deroga a qualsiasi norma sugli appalti pubblici e, soprattutto, che altrimenti non sarebbero disponibili.

Non serve neanche parlare di “bombe d’acqua”, inesistenti in queste climi ed a queste latitudini: è solo un termine mediatico, che serve per accrescere quel senso di fatalità in un evento naturale o meglio in un evento naturalmente normale. Quanti temporali estivi si sono verificati con piogge pari e/o superiori ai 100-150mm in poche ore? Gli annali idrologici ne sono pieni, a partire dalle prime edizioni del 1918.

Allora perché invece non verificare cosa è stato fatto e come è stato ridotto il territorio ad opera dell’uomo! D’accordo i cambiamenti climatici, ma quello che ora occorre è un cambiamento di stile. E’ necessario prendere coscienza che il fenomeno naturale non va combattuto, va assecondato e mitigato e questo si può fare solo attraverso la prevenzione.

Accogliamo con fiducia le proposte del Ministro Galletti quando parla di priorità rappresentata dal problema dissesto idrogeologico nel Paese ma siamo altrettanto consapevoli che la prevenzione si fa con la professionalità, con le conoscenze scientifiche e tecniche e con la consapevolezza che sia necessario un deciso e radicale cambio di strategia delle politiche di governo del territorio adottate fino ad oggi”.

E dal palco del Palariviera di San Benedetto del Tronto  duro l’intervento del Presidente Nazionale Gian Vito Graziano.

“Pur essendo evidente il processo di cambiamento climatico in atto – ha detto Graziano –  le piogge molto intense che caratterizzano ormai il nostro clima devono essere considerate gli inneschi dei fenomeni di dissesto e non certo l’origine.

Quello che avviene ormai periodicamente dimostra l’inadeguatezza degli strumenti fino a oggi utilizzati per pianificare e per ridurre le condizioni di rischio e dovrebbe indurci a mettere in pratica strumenti molto più efficaci, associati alle risorse economiche e ancor di più ad un’altra cultura del costruire. La riduzione del rischio passa invece prevalentemente per l’allontanamento dei nostri interessi da quello che definiamo “pericolo”, che è parte integrante delle dinamiche naturali di trasformazione della superficie terrestre”.

Il Comunicato Stampa in formato pdf