Presentazione del Libro “9 OTTOBRE 1963 che Iddio ce la mandi buona LA FRANA DEL VAJONT Memoria storica di una catastrofe prevedibile”

Presentazione del Libro “9 OTTOBRE 1963 che Iddio ce la mandi buona  LA  FRANA DEL VAJONT  Memoria storica di una catastrofe prevedibile”

La Fondazione Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi 

 ha presentato il 30 gennaio 2014 a Belluno presso la Sala il Libro “Eliseo Dal Pont-Bianchi”

9 OTTOBRE 1963 che Iddio ce la mandi buona La  Frana del Vajont 

Memoria storica di una catastrofe prevedibile

di A. Valdinucci e R.M. Menotti

Pubblicare il dattiloscritto è stato prima di tutto un obbligo morale nei confronti della ricerca della verità, non solo di quella del Vajont, ma delle tante verità che in questo Paese non sono ancora emerse, legate a fatti tragici, ma sottaciute o rese segrete per presunti motivi di interesse generale e di sicurezza. Sono tanti i figli di Longarone, Castellavazzo, Erto e Casso che hanno vista modificata la loro vita da quella terribile onda, che hanno deciso di andare via o di rimanere a vivere in un’altra Longarone, che non è più quella di prima e che, pertanto, hanno dovuto affrontare un’infanzia e poi una vita adulta molto diversa. Ma lo hanno fatto sulle loro spalle, pagandone interamente il prezzo, perché nessuno di questo li potrà risarcire. A loro la Fondazione Centro Studi ed il Consiglio Nazionale dei Geologi dedicano la pubblicazione di questo volume, a loro va tutto l’affetto della comunità geologica italiana, che gli è debitrice.

Immagine_Volume

ha coordinato:

Filippo GAUDENZI, Giornalista e Caporedattore RAI

sono intervenuti:

Gian Vito GRAZIANO, Presidente Consiglio Nazionale Geologi

Luca SALTI, Assessore alle Opere Pubbliche, Ambiente, Energia, Viabilità del Comune di Belluno

Roberto PADRIN, Sindaco di Longarone

Mario FABBRI, Giudice Istruttore processo Vajont

Adriana LOTTO, Presidente Associazione Culturale Tina Merlin

Valter PASCUCCI, Dirigente Divisione 4 – Coordinamento istruttoria progetti e vigilanza lavori Direzione Generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche – Ministero Infrastrutture e Trasporti 

Le testimonianze:

A tutti i morti e i vivi del Vajont. Perché su di loro non cada la pietà 

Questo sta scritto, in dedica, nella serrata, incalzante arringa pronunciata dall’avvocato Sandro Canestrini, il 23 settembre 1969 al processo del Vajont a L’Aquila. 

Per lucidità di analisi, per tensione etica e morale che la sorregge, per impegno civile che suscita l’abbiamo assunta a nostro simbolo e riferimento per reggere lo schianto e il peso della sconvolgente catastrofe. Il senso e il valore di quell’arringa rimane tra le pagine più alte scritte ed ascoltate nelle aule di giustizia.

Ripensare e rimeditare il Vajont ha tuttora dell’inverosimile e dell’incredibile. La dimensione e i dati della tragedia sono agghiaccianti: 1910 vittime di cui 400 mai più trovate. Delle 1473 sepolture in fosse comuni più della metà non hanno avuto riconoscimento.

Abbiamo retto all’impazzimento, non ci siamo arresi nemmeno ad un piccolo “esaurimento nervoso”. Lo dobbiamo all’educazione ricevuta dalla nostra famiglia, ai nostri eroici nonni che hanno saputo affrontare la loro “terza guerra mondiale” lasciandoci una lezione di amore e di coraggio senza pari. Un pensiero infinitamente grato va ai “soccorritori” indelebilmente segnati dalle melme del Vajont da cui hanno trovato i nostri morti.  Di Umberto Olivier, Superstite del  Vajont

Il dolore, lievito di nuovo impegno civile – Una testimonianza per il 50° anniversario della catastrofe del Vajont